Sicuramente diminuirà il livello del 2,5-3% all’anno di fees. Ecco perchè. Ma in UK è successo il contrario.
Il risparmio degli italiani affidato alle reti è salito a fine settembre al massimo storico di 451 mld di euro, +2,9% da fine giugno. La crescita, spiega Assoreti, coinvolge principalmente il risparmio gestito (+3,8%). Il 29% del patrimonio di fondi e sicav collocato tramite le reti, la parte restante si riferisce principalmente al collocamento tramite gli sportelli bancari.
A partire dal 3 gennaio 2018 (salvo ulteriori rinvii) cambierà però il modo di fare consulenza finanziaria. I maggiori cambiamenti riguarderanno l’ambito remunerativo, per via dell’introduzione della consulenza su base indipendente pagata a parcella dal cliente, e l’attività di relazione con il cliente stesso, vista la maggiore preparazione richiesta per offrire un servizio di consulenza al passo con le novità di mercato. Perché anche nel caso della consulenza non indipendente il livello qualitativo del servizio dovrà alzarsi. Infatti la direttiva prevede che la consulenza possa essere pagata direttamente dal cliente o tramite commissioni caricate sul prodotto. A incidere sul futuro della professione di consulente finanziario saranno anche la maggiore concorrenza tra le diverse tipologie di professionisti che operano sul mercato, grazie all’avvio del nuovo Albo unico dei consulenti finanziari, e la maggior trasparenza che passa attraverso l’esplicitazione dei costi e l’attività di product governance. E la voce costi inciderà più di altre perché molti operatori non sono ancora abituati a evidenziarli ai clienti.
Una delle novità più importanti della direttiva prevede l’obbligo di esplicitare qual è il costo di distribuzione del prodotto. La direttiva prevede che il consulente debba fornire su base periodica la rendicontazione, in cui rientra tutto quello che passa tra rendimento lordo e rendimento netto: in questo modo il cliente avrà di fronte l’ammontare dei costi totali espressi in euro e non più in percentuale, come invece accade adesso. «C’è poi l’obbligo di trasparenza anche nelle azioni svolte dal consulente per il cliente in termini di valutazione e adeguatezza dei prodotti», ha spiegato Maurizio Bufi, presidente Anasf, nel corso di Consulentia 2016, che si è svolta a Treviso nei giorni scorsi. Le scelte effettuate dal consulente dovranno essere motivate sempre in forma scritta e tutto andrà tracciato e archiviato. Inoltre c’è la best execution: il consulente quando andrà a fare uno switch tra due prodotti dovrà fornire una motivazione articolata. «Quindi per continuare a ricevere le retrocessioni il consulente dovrà aumentare la qualità del servizio e questa attività deve essere effettuata in maniera continuativa», ha aggiunto Bufi. «La trasparenza toglierà una delle barriere psicologiche per passare alla consulenza remunerata a parcella».
Le nuove regole quindi sono: adeguatezza dei prodotti, uso di metodologie tracciabili per selezionarli, vincoli di product governance e monitoraggio del portafoglio. Per fare tutto ciò l’intermediario dovrà potenziare le strutture centrali che si occupano di prodotti e mercati e che dovranno incrociarsi con le esigenze dei clienti. «Il consulente dovrà rafforzarsi nella relazione, dovrà parlare meno di prodotti e più di bisogni. L’impatto di Mifid II sta nell’aver fatto evolvere la consulenza da servizio accessorio a prestazione di valore», ha concluso Bufi. Una sfida per il settore, che promette di rafforzare la competitività a tutto vantaggio dei risparmiatori finali. Ma anche una gatta da pelare, dato che sta per finire l’epoca nebulosa della mancanza di consapevolezza su quanto costano i prodotti e quanto le commissioni.
In UK dove una normativa simile alla MiFID II, la cosidetta RDR (Retail and Distribution Review), già è operativa da 3 anni il fatturato dei consulenti finanziari si è però accresciuto del 16%, mentre il numero di società è aumentato del 6% portandosi a 4.864 unità.
L’impatto della nuova regolamentazione che riduce drasticamente il pagamento di commissioni dagli intermediari ha determinato una netta ricomposizione del fatturato delle società di consulenza: mentre nel 2012 le commissioni retrocesse dalle case prodotto rappresentavano l’80% del fatturato, nel 2015 la quota si è ridotta al 31% mentre l’apporto delle parcelle di consulenza (fees) è salito al 62% del totale. Per quanto attiene alla tipologia della consulenza finanziaria, la FCA rileva che la gran maggioranza delle società (83%) fornisce il servizio su base indipendente mentre solo il 14% offre la propria consulenza in modalità “restricted”; il 3% delle società propone invece entrambe le forme di consulenza.
Le società che forniscono il servizio su base “restricted”, pur essendo numericamente una minoranza, rappresentano ben il 62% del fatturato, anche per la presenza in tale aggregato delle società di maggiori dimensioni. Esaminando la distribuzione del numero dei consulenti finanziari per classi dimensionale della società di appartenenza si può notare che 2.013 consulenti operano individualmente, 5.271 in società con 2-5 addetti, 4.000 in società con 6-50 addetti e 8.440 in 22 società con più di 50 consulenti finanziari. Per quanto attiene le modalità di pagamento delle parcelle di consulenza FCA evidenzia che la metodologia “facilitata” (che consiste nel pagamento degli advisor da parte del cliente per il tramite del fornitore del prodotto o della piattaforma) copre l’81% delle commissioni iniziali ed il 74% delle commissioni ricorrenti.
Il pagamento diretto della parcella da parte del cliente ammonta al 19% delle commissioni iniziali ed al 26% delle ricorrenti. Le commissioni e le parcelle di consulenza sono determinate dalle società di consulenza applicando una percentuale rispetto al patrimonio del cliente (48% delle società), un importo fisso (22%), un compenso orario (20%) oppure una combinazione tra le diverse forme di fatturazione (10%). L’importo delle fees applicate varia per le commissioni iniziali tra un minimo dell’1% ad un massimo del 3%; le commissioni ricorrenti variano tra lo 0,5% e l’1% su base annua. Le società di consulenza che adottano per il proprio servizio una tariffa oraria, applicano un compenso compreso tra 150 e 195 sterline all’ora.
Fonte: Notiziario Finanziario e Advisoronline